L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Ravenna e l’Ordine degli Avvocati, al fine di dare un supporto alle domande frequenti proposte dagli iscritti, legate alla fase di emergenza in corso dovuta al COVID-19, hanno stabilito un’intesa avente per oggetto la disponibilità a dare risposta da parte dell’Ordine degli Avvocati, ai quesiti di carattere esclusivamente generale.

I medici e gli odontoiatri interessati potranno presentare i loro quesiti all’Ordine all’indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., specificando nel messaggio:

  • Cognome e nome, qualifica sanitaria e recapiti (indirizzo, cellulare)
  • Quesito proposto che dovrà essere di carattere esclusivamente generale e legato al periodo emergenziale COVID-19
  • Riferimento all’intesa Ordine Medici/Ordine Avvocati

Le sole richieste di parere che avranno i requisiti suesposti, saranno inviati ad un referente dell’Ordine degli avvocati di Ravenna, il quale darà il suo supporto legale.

Protocollo di intesa OMCEO Ravenna e OAvvocati Ravenna sulla collaborazione per quesiti generali COVID-19

La risposta sarà pubblicata sul sito dell’Ordine sempre su questa pagina.

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Quesito n. 1 – lavoratori fragili

L’articolo 3, comma 1, lettera b) del DPCM dell’8 marzo 2020 ribadito nei successivi DPCM e nell’ultimo DPCM del 17 maggio 2020 citano: “e’ fatta espressa raccomandazione a tutte le persone anziane o affette da patologie croniche o con multimorbilita’ ovvero con stati di immunodepressione congenita o acquisita, di evitare di usciredalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità”. Nell’allegato 12 del DPCM 17 maggio 2020 è citato: “il medico competente segnala all’azienda situazioni di particolare fragilita’ e patologie attuali o pregresse dei dipendenti e l’azienda provvede alla loro tutela nel rispetto della privacy”.

La gestione delle persone che presentano fragilità risulta non semplice e la domanda che pongo è questa:

come ci si deve comportare se a un dipendente che presenta multi patologie (ad esempio diabete o ipertensione non ben controllati, episodi di Fibrillazione atriale,AIDS, cardiopatie o altro ma non necessariamente soggetto in possesso del riconoscimento di disabilità con certificazione rilasciata dai competenti organi medico legali) cui viene consigliato l’astensione dal lavoro ma il Medico di base si rifiuta di riconoscere l’assenza giustificata da lavoro?

Dal punto di vista lavorativo oltre a richiedere uso di idonei DPI (maschera occhiali guanti) e distanziamento maggiore possibile, è difficile mettere in atto altre strategie. La possibilità di smart working è solo per certi settori.

Se dovesse verificarsi una infezione Covid-19 in forma grave in questo caso di chi è la responsabilità?

Non ritengo corretto formulare un giudizio di non idoneità temporanea in quanto al lavoratore non sarebbe concesso un permesso retribuito.

Risposta

Si ritiene che le competenze e funzioni del medico di base e del medico competente siano diverse.

Il primo è chiamato ad accertare uno stato di malattia e la relativa prognosi

Il secondo, tra le varie, a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente. Ved art 41 in calce

Quella descritta potrebbe essere una situazione di c) inidoneità temporanea (cioè di incompatibilità tra le patologie croniche e i rischi contingenti da COVID 19 nell’ambiente di lavoro. Rischi non superabili dalle misure previste nei protocolli (generali o aziendali) e/o dall’adozione di altre precauzioni o DPI.

A mio parere in questo caso il medico di base DEVE emettere il certificato di “malattia”. Se così non fosse il medico competente deve segnalare la situazione al datore di lavoro il quale è opportuno che provveda a dispensare il lavoratore dalla prestazione lavorativa con diritto alla retribuzione.

Non mi pare che l’ipotesi delineata dal medico prefiguri una inidoneità permanente. Nel qual caso altre sarebbero le (rischiosissime) opzioni per il datore di lavoro

Articolo 41 – Sorveglianza sanitaria

La sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente:
a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui all’articolo 6; b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.
La sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l’anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medicocompetente;
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente.
e-bis) visita medica preventiva in fase preassuntiva;

e-ter) visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione.

2-bis. Le visite mediche preventive possono essere svolte in fase preassuntiva, su scelta del datore di lavoro, dal medico competente o dai dipartimenti di prevenzione delle ASL. La scelta dei dipartimenti di prevenzione non è incompatibile con le disposizioni dell’articolo 39, comma 3.

Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere effettuate:
a) lettera soppressa dall’art. 26 del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106
b) per accertare stati di gravidanza;
c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.
Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall’ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
4-bis. Entro il 31 dicembre 2009, con accordo in Conferenza Stato-Regioni, adottato previa consultazione delle parti sociali, vengono rivisitate le condizioni e le modalità per l’accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza.

Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella sanitaria e di rischio di cui all’articolo 25, comma 1, lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell’ALLEGATO 3A e predisposta su formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto previsto dall’articolo 53.

Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:
a) idoneità;
b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneità temporanea;
d) inidoneità permanente.
6-bis. Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro.

Nel caso di espressione del giudizio di inidoneità temporanea vanno precisati i limiti temporali di validità.

Comma abrogato dall’art. 26 del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106

Avverso i giudizi del medico competente ivi compresi quelli formulati in fase preassuntiva è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all’organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.